Giampiero Bordino ( a cura di), Un nuovo diritto per la democrazia e lo sviluppo in Europa. L'Iniziativa dei cittadini europei (Ice), il Mulino, Bologna, 2013

Autore: Giampiero Bordino (a cura di)
ISBN-10(13): 978-88-15-24510-6
Editore: il Mulino
Data pubblicazione: 2013
Numero pagine: 178
Lingua: Italiano
Prezzo: 16 €
Recensione di Antonio Mosconi
La coincidenza di tre circostanze ha indotto il Movimento Federalista Europeo (Mfe) e l’Unione Europea dei Federalisti (Uef) a promuovere un’Iniziativa dei Cittadini Europei (Ice) per l’occupazione e lo sviluppo. Il Centro Einstein (Cesi), interpretando, come sempre ha fatto, la propria missione statutaria a sostegno conoscitivo della politica d’unificazione federale europea, ha promosso la pubblicazione dell’antologia qui presentata, curata dal professor Giampiero Bordino, che illustra presupposti, modalità e finalità dell’Ice.
La prima circostanza, sostanziale, è la crisi economica. Essa è il frutto avvelenato di una crisi finanziaria che ha fra le sue cause: gli squilibri fondamentali nelle bilance dei pagamenti (in particolare degli Stati Uniti e della Cina); il sistema monetario internazionale asimmetrico che consente agli Stati Uniti di finanziare indefinitamente il twin deficit (della bilancia dei pagamenti correnti con l’estero e del budget federale) grazie al doppio ruolo del dollaro (come moneta nazionale ed internazionale); la de-regulation finanziaria che nell’ultimo trentennio, caratterizzato da deficit americani crescenti (per guerre e consumi), ha attratto negli Stati Uniti i capitali necessari a finanziarli; la crescita della disuguaglianza nella distribuzione dei redditi nonostante la riduzione della povertà assoluta; i limiti di un modello economico caratterizzato dal sovra-sfruttamento delle risorse naturali e dal sotto-impiego delle risorse umane.
L’euro, moneta senza Stato (o con troppi Stati) è sottoposto ad attacchi speculativi violenti, diretti da Wall Street, aventi per oggetto debiti sovrani considerati fino al 2007 del tutto sostenibili (come dimostrano gli spreads allora in vigore). Le risposte europee, ancora una volta influenzate da egoismi nazionali, non hanno saputo contemperare il rigore con lo sviluppo. Il risanamento finanziario, necessario per ridurre l’onere del debito, ha provocato contrazioni del prodotto interno lordo molto superiori a quanto previsto (come riconosciuto dal Fmi). In alcuni Paesi la cura ha peggiorato il male poiché la contrazione del pil, quindi del gettito fiscale, ha fatto aumentare il rapporto debito/ pil.
Bisogni insoddisfatti (soprattutto beni comuni) e risorse produttive disponibili (soprattutto giovani disoccupati) descrivono una tipica situazione keynesiana, in cui l’intervento pubblico è necessario per indirizzare capacità altrimenti inoperose alla soddisfazione di bisogni altrimenti ignorati. Keynes era un nazionalista inglese ed il suo quadro di riferimento era quello della Gran Bretagna, per quanto allargato ad uno smisurato quanto effimero Impero. Si deve dunque precisare che il nostro quadro teorico, dal punto di vista economico, è piuttosto post-keynesiano. Questa dottrina eterodossa, a differenza di quella neo-liberista ed anche di quella neo-keynesiana, riconosce l’impraticabilità delle ricette nazionali in un mondo caratterizzato da fondamentali interdipendenze. Il free-riding è l’esempio più importante, ma non il solo, di questa difficoltà: uno Stato che ricorra al deficit spending per sostenere la domanda interna ne vedrà beneficiare le imprese estere in funzione della propensione all’importazione. In un contesto come quello europeo, dove l’interdipendenza è enormemente superiore a quella globale, l’adozione di politiche keynesiane a livello nazionale è ancora più assurdo (però vi hanno fatto ricorso la Germania prima e la Francia ora). Si precisa così la principale ragione teorica perché un piano per lo sviluppo e per l’occupazione sia attuato al livello europeo. C’è poi una ragione pratica almeno altrettanto cogente. L’Unione europea non ha debiti e vanta un rating tripla A, perciò investimenti effettuati sotto il suo controllo e finanziati con la sua capacità di credito godrebbero di un costo del denaro molto favorevole, a condizione che l’Unione stessa disponga di un gettito fiscale proprio da destinare al servizio del debito.
Nell’Iniziativa federalista si propongono, a tal fine, la destinazione al bilancio europeo della tassa sulle transazioni finanziarie e l’istituzione di una carbon tax. Non ci si nasconde che la probabile opposizione della Gran Bretagna renderebbe necessaria l’istituzione di un bilancio separato per la sola eurozona. Il piano straordinario europeo di sviluppo sostenibile, la roadmap dall’Unione fiscale alla Federazione europea e le ricadute positive sullo stato delle aspettative sono presentati, rispettivamente, nei saggi di Alfonso Iozzo, Alberto Majocchi e Simone Vannuccini.
La seconda circostanza, politica e giuridica, è data dall’introduzione, nel Trattato di Lisbona (TdL, entrato in vigore il 1° aprile 2012, art. 11), del diritto dei cittadini europei di richiedere alla Commissione di fare una proposta legislativa in materie rientranti nelle competenze dell’Ue. Come osserva Laura Roscio nell’Appendice terza, che racchiude le informazioni tecniche e procedurali, “si tratta del primo strumento transnazionale di democrazia partecipativa nella storia del mondo: un diritto e un potere senza precedenti che permetterà ai cittadini europei d’influenzare l’agenda politica comunitaria, contribuendo direttamente alla definizione del programma legislativo dell’Ue”. Questo strumento offre al Mfe ed all’Uef l’opportunità di affiancare alla “Campagna per la Federazione europea. Unione federale ora!” (si veda l’Appendice seconda ed il saggio di Franco Spoltore) un’azione complementare, capace di utilizzare i diritti già conquistati ed il quadro giuridico esistente per esercitare sui Governi una pressione dal basso a favore del bilanciamento delle politiche di rigore con altre di sviluppo, azione tanto più indispensabile ed urgente quanto più la crisi allarga il fossato fra i cittadini e le istituzioni europee ed accresce il consenso di formazioni politiche nazionaliste, secessioniste, xenofobe, il cui comune virus neo-nazista non può essere trascurato. La legittimità della richiesta di avanzare sulla via dell’unificazione federale dell’Europa si fonda anche sulla capacità di utilizzare gli istituti già conquistati dall’azione federalista. La prefazione di Antonio Padoa Schioppa, i due saggi di Paolo Ponzano e quello di Sylvia-Yvonne Kaufmann rivendicano la responsabilità dei federalisti nell’utilizzo di questo nuovo diritto popolare e costituiscono la cornice giuridica dell’Iniziativa, riprodotta nell’Appendice prima. La postfazione di Enzo Cheli mette un timbro di legittimità costituzionale sul lavoro degli Autori e dovrebbe valere almeno un “diciotto” sul libretto. Infatti solo le donne aspirano al trenta e noi, con la sola Kaufmann, non ce lo siamo meritato.